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Non so se faccio bene a parlarne, perché rischio di fargli pubblicità e non è ciò che vorrei, tuttavia non posso non esprimere la mia personale opinione su questa trovata che definirei idiota per idioti. Ho qualche dubbio anche sul fatto di dare un giudizio che potrebbe apparire moralista, quando in realtà è semplicemente una constatazione dei tempi in cui viviamo.
Mi è giunta stamattina la notizia dell’arrivo sul mercato di un gioco di ruolo dedicato allo sfruttamento della prostituzione, si chiama Squillo, un termine che pensavo in disuso dai tempi di Jane Fonda e dell’ispettore Klute e invece scopro che ha ancora una diffusione. Il gioco di ruolo prevede l’utilizzo di carte a rappresentare prostitute, escort, puttane e giovani promesse (sic!) specializzate in diverse pratiche, non solo sessuali, ma anche di spaccio di droga, omicidio, vendita di organi e altro, che, opportunamente giocate, consentono al partecipante di accumulare punti e, presumo, potere, sino a vincere, eliminando gli avversari. In alcune parti sembra il monopoli, con imprevisti e probabilità, ma il contesto è del tutto diverso, come potete immaginare, a parte, forse, per via degli alberghi.
Pare che il gioco sia stato inventato da tale Immanuel Casto (vi suona familiare l’assonanza?) che nello spot di presentazione si fa doppiare da uno speaker che ha una voce migliore della sua, si presume. Ed è strano, perché questo Casto sarebbe un cantante. Dico sarebbe, perché in realtà ha tutta l’aria di un modello, come si usava negli anni Ottanta con i vari Den Harrow, Joe Yellow, Jock Hattle, Albert One, cui un cantante professionista presta la voce per le registrazioni e i video. Sì, perché l’Immanuel gira anche dei video con canzoni che hanno testi del genere: Aprimi il PC, Formattami l’hard Disk, Montami la Ram, Riempimi di Spam, il mio sistema è in Crash e altre amenità. Ne ho trovato un altro in cui si decanta il lavoro di escort a 25 anni, l’abilità nelle pratiche sessuali e l’inutilità dell’uso del congiuntivo quando è molto più redditizia la congiunzione carnale a pagamento e la copula fatturata.
Sembra davvero di essere tornati negli anni Ottanta, quando questa filosofia (visto che di Immanuel si parla) di vita pareva in voga e aveva contagiato, anche grazie al tubo catodico di Cologno Monzese, porzioni ampie della società. Poi ci siamo svegliati dal bel sogno e siamo ripiombati nella realtà più grigia e tediosa, fatta di inflazione, svalutazione, crisi e disoccupazione. Ci risiamo? Il Casto è arrivato fuori tempo massimo? O ci sta offrendo una via d’uscita?
Non voglio essere pedagogico e tanto meno, lo ribadisco, moralista, ma considerata l’età media di chi viaggia in rete, su youtube e gli altri network, mi pare un tipo di stimolo alquanto deleterio e chi l’ha ideato, indubbiamente legittimato a farlo, un irresponsabile. Mi si dirà: “c’è benaltro in rete”. Vero, ma non cambia il mio giudizio: è una trovata idiota per idioti, che si aggiunge al mucchio di macerie culturali ammassate sulla nostra società negli ultimi vent’anni. Pensavamo che il vento di tangentopoli avrebbe sgomberato la sporcizia dalle nostre strade. L’ha semplicemente spostata, per far posto ad altra immondizia. Col nostro permesso.

Lo so già, l’ho già sentito centinaia di volte: non bisogna lasciarsi intimidire, non ci arrendiamo alla violenza, bisogna rispondere con la forza delle istituzioni, si deve avere fiducia nello Stato. Lo Stato c’è.Tutto vero, tutto giusto. Caso vuole (o forse no) che in queste settimane ricorrano i vent’anni dalle stragi Falcone e Borsellino, due vicende ancora da scrivere in buona parte, perché, se gli autori materiali sono finiti in galera — considerando che per la strage di via D’Amelio sono stati condannati anche degli innocenti — i livelli più alti ancora una volta sono risultati intoccabili e nell’ombra.
La storia italiana ci insegna che le stragi, purtroppo, sono spesso di Stato o, comunque con una compartecipazione attiva o passiva di pezzi di Stato, che forniscono risorse e mezzi o fanno finta di non accorgersi di ciò che sta accadendo. Inoltre, un attentato ad una scuola, come quella di Brindisi, è un attentato a una intera generazione, un genocidio morale e materiale.
Non sto invitando al disfattismo e credo ancora fermamente nelle istituzioni in quanto tali, ma solo in linea teorica e ideologica (che brutta parola, vero?), mentre chi le rappresenta ne è spesso indegno.
Di solito la prima domanda di fronte a fatti del genere è “cui prodest”, ma oggi bisogna chiedersi prima di tutto “cui nocest” e la risposta è: tutti noi, tutto il Paese, già provato da una crisi pesantissima economica, politica, morale, culturale, provocata da una classe dirigente che, dopo il crollo post-tangentopoli di quella che l’ha preceduta, si è fatta avanti e ha completato il lavoro di distruzione della fiducia degli italiani nella politica, nelle istituzioni, nella gestione della cosa pubblica. Sopravviviamo sulle macerie culturali degli ultimi vent’anni lasciate da questi demolitori professionisti, che, non ancora soddisfatti del lavoro svolto, vorrebbero sovrintendere anche alla ricostruzione, come quelle società adibite al rimboschimento, che, per procurarsi lavoro, appiccano incendi.
Mi auguro che questi sciacalli, già prodighi di sollecite dichiarazioni dense di partecipazione, turgide di sdegno, desiderose di trasparenza e giustizia, facciano un passo indietro e lascino lavorare chi sa lavorare, fornendo assistenza istituzionale quando serve, ma senza intralciare il cammino delle indagini tagliando fondi o istituendo commissioni inutili e dispendiose.
Mi auguro, inoltre, che gli italiani si rivelino migliori di chi li ha governati sino ad ora, cosa non difficile peraltro, ma che uno sforzo ulteriore li ponga su un piano veramente superiore, in ogni senso.
Domani, tra l’altro, si vota in molti comuni e altri sciacalli stanno pensando di pasteggiare sulle macerie con la scusa che abbiamo toccato il fondo e quindi, irresponsabilmente, si può fare e dire qualsiasi cosa, magari mandando avanti altri, perché a loro scappa da ridere. C’è davvero ben poco da ridere e molto da fare, invece e picconare il poco che è rimasto in piedi non è un buon modo per ricominciare.

Dal Devoto Oli. Trasparente: che può essere attraversato in tutto il suo spessore dalle radiazioni luminose consentendo la visione di oggetti al di à di esso; oppure, in senso figurato:  di un’espressione il cui senso, pur non esplicito, sia facilmente individuabile; che appare come effettivamente è, senza finzioni o simulazioni; esente da manipolazioni propagandistiche o estraneo a interessi illeciti o segreti.
Comunque la si legga, la bolletta del gas non è trasparente.
A parte il fatto che il 15 aprile 2012 arriva una bolletta del 7 aprile 2012 da pagare entro il 27 aprile 2012 per un conguaglio che si riferisce ad un periodo che va dal 25 marzo 2009 al 5 aprile 2012 (oltre 3 anni!!!) con un importo di 358€ per 1312, 810480 Smc detraendo 605, 80€ corrispondenti a 802,364085 Smc già addebitati in acconto nelle bollette precedenti, confermandomi (bontà loro) che, alla data odierna, tutte le bollette precedenti risultano pagate, ma come faccio a guardare attraverso 6 (SEI!!!) facciate di numeri a dieci-undici cifre, incolonnati sotto diciture come “commercializzazione al dettaglio (parte fissa)”, “commercializzazione al dettaglio (parte variabile)”, “quota annuale per l’assicurazione dei clienti finali civili (civili? e gli incivili, i militari, i tramvieri, il filobustieri, i ferrovieri, i capistazione in borghese col cappello in divisa?) del gas”, “quota fissa”, “quota aggiuntiva”, “quota variabile”, “oneri aggiuntivi di vendita”, “materia prima gas (sì, c’è anche quella, non sembra vero, ma c’è anche il gas)”, “1° scaglione”, 2° scaglione”, “3° scaglione”, “U1”, “U2”, “U3”, “Oneri Aggiuntivi di vendita”, “Quota Fissa Distr. Tau1”, “Quota Fissa Distr. UG2”, “Quota Variabile Distr. GS”, “Quota Variabile Distr. RE”, “Quota Variabile Distr. RS”, “Quota Stoccaggio”, “Quota Trasporto Vendita”, “Quota Variabile Distr. UG1”, “Quota Variabile Distr. Tau3”, “Quota Variabile Distr. UG2”, Imposta Erariale di consumo, Oneri Diversi da quelli dovuti per la fornitura di gas naturale (ma che linguaggio è?), come faccio, dicevo, a verificare se le radiazioni luminose attraversano tutto il suo spessore, consentendomi la visione di oggetti al di là di esse o se appare come effettivamente è, senza finzioni o simulazioni, esente da manipolazioni propagandistiche o estranea a interessi illeciti o segreti? Soprattutto come fa mia madre, a 94 anni, visto che è lei la titolare della bolletta, a convincersi che non la stanno imbrogliando?
Chi dirige la compagnia del gas è in grado di interpretare la bolletta o è necessario rivolgersi ad un glottologo specializzato in lingue extraterrestri? Sua moglie (perchè sono sicuro che il “signor gas” è un uomo) non gli dice niente? Non gliela fa recitare tutte le sere a mo’ di preghierina davanti al letto in ginocchio sui ceci per ricordargli che il giorno dopo in ufficio dovrà fare qualcosa per renderla più chiara e intelligibile? O lo stipendio principesco che questi figuri si assicurano rende mute anche le mogli più coscienziose a suon di vacanze a Cortina, alle Maldive e abbonamenti annuali nelle migliori spa.
E le associazioni di consumatori cosa fanno? Protestano? Contestano? Pretendono? Tacciono? Siamo al consenso condiviso e generalizzato in nome della ripresa economica auspicata e ancora lontana che sta bruciando l’equilibrio psicologico di decine di migliaia di famiglie? Quando arriva una bolletta scritta in questo modo come si resiste all’impulso di andare a cercare chi l’ha ideata e fargliela mangiare assieme alla sua busta paga?

Non più tardi di dieci giorni fa ho sentito un signore anziano con la “erre” arrotata a cui la Giunta sta cadendo a pezzi, ma che continua ad affermare che non è un problema suo, dire: “non abbiamo aumentato le tasse regionali in Lombardia e garantiamo gli stessi servizi ai cittadini”. Mia madre ha 94 anni, è vedova, inferma, non auto-sufficiente e necessita di cure a domicilio. Purtroppo la Regione Lombardia non garantisce più visite e prestazioni ambulatoriali a domicilio col servizio sanitario nazionale da un anno. Ciò significa che bisogna rivolgersi agli ambulatori privati convenzionati. Entro in uno di questi e dopo mezz’ora di coda, mi informano che i prelievi a domicilio li prenotano solo al telefono (???), non di persona e l’uscita costa 31€. Perbacco, penso, costa come l’uscita del tecnico della lavatrice! Mi viene da picchiare un pugno sul bancone, ma l’impiegata non ha colpa e abbozzo. Sto per tornare a casa, quando passo davanti alla sede della mia ASL di zona ed entro a chiedere delucidazioni. In effetti, mi dicono, la sanità pubblica da un anno non presta più questo servizio, ma se vuole, qui dietro l’angolo, c’è un ambulatorio privato convenzionato e può chiedere lì se le fanno un prezzo migliore. Penso: vuoi vedere che Monti sta arrivando anche qui con le liberalizzazioni e mette in concorrenza gli ambulatori? Incoraggiato, entro e l’impiegata mi dice che l’uscita costa 20 euro. Avevo ragione, viva la liberalizzazione della sanità e viva il libero mercato! Mi dice di rivolgermi ad un signore che è lì in un angolo intento a scrivere qualcosa su un blocco. Io quella faccia l’ho già vista, mi dico. Ma sì, l’ho visto mezz’ora fa nell’altro ambulatorio, quello dei 31€. Cosa ci fa qui? È lui l’incaricato dei prelievi, mi dice. Che strano, penso, due centri diversi, in concorrenza, che si affidano alla stessa persona per questo servizio. Dove sta la concorrenza? Mi chiede se va bene effettuare il prelievo il giorno dopo. Ottimo, gli rispondo, considerato che volevo prenotare anche una visita cardiologica per mia madre ed un importante centro privato convenzionato di Milano mi ha dato appuntamento al maggio del 2013! Chiedo quanto costa e mi risponde: 30€ con fattura e 20€ senza fattura. In quel momento giuro che, se non fosse stato per mia madre non avrei saputo controllare la mia reazione. Con fattura, gli rispondo e lui: Ma lei scarica? Sì, gli dico. Tutto? insiste lui. Scarico quello che posso e che la legge mi consente, gli ribatto. Già, ma io le faccio il 33% di sconto senza fattura, mi tenta. E io: 30€ con fattura.
Avete capito? Eccola la concorrenza: con fattura o in nero. Non solo la sanità pubblica in mano a questi figuri falsi e bugiardi che ci governano concede il business delle visite a domicilio ai privati a nostre spese, ma ci si mettono di mezzo anche questi pirati, questi sciacalli, che sfruttando il bisogno degli anziani invalidi e non abbienti, trovando il modo di incassare soldi in nero. Questo spregevole individuo è al servizio di chissà quanti ambulatori e chissà quanti prelievi fa ogni giorno e quanti soldi incassa senza fattura. E gli ambulatori che gli forniscono il lavoro ne saranno consapevoli? Dalla disinvoltura con cui parlava all’interno dell’ambulatorio direi di sì e, comunque, se non lo sapevano prima adesso lo sanno, perché al ritiro del referto l’ho comunicato all’impiegato che il medico (sì, è un medico dentista!) che mandano in giro a fare i prelievi a domicilio è un evasore fiscale o, come dice la pubblicità: un parassita della società. Disinfestiamo!

A questo punto mi sento di dire alcune cose: dopo quasi vent’anni di grottesca farsa mi è capitato di assistere ad un’intervista in cui un signore educato e senza il gusto della provocazione, anche se con qualche incertezza dovuta all’emozione, forse, alla poca dimestichezza, più probabilmente, ma per nulla sgradevole, poneva delle domande abbastanza precise, ma un po’ in ordine sparso, al capo del governo del Paese in cui vivo da cinquant’anni. Non dovrebbe essere un evento, cose del genere accadono in tutti i Paesi civili in cui vige una forma di governo democratico, luoghi in cui la Politica deve rendere conto ogni giorno di ciò che fa, non solo alla vigilia delle elezioni. E invece lo è, per le ragioni dette nella prima riga. Mi sembrava di essere tornato indietro di circa trent’anni, quando a capo del governo italiano c’erano personaggi dai nomi che oggi suonano quasi come bestemmie: Craxi, Andreotti, De Mita, Amato. Con tutto il livore che simili personaggi possono suscitare, costoro erano Politici, che, a domanda Politica rispondevano con parole Politiche. E alle parole Politiche facevano seguire azioni Politiche, che si potevano condividere o meno, ma erano Politica, non pagliacciate, battute, barzellette, pacche sulle spalle, corna e insulti. Erano Politica. Forse si è perso il senso di questa parola e hanno ragione coloro che tacciano il governo tecnico di essere un governo Politico, ma non per lo spregio con cui questi figuri pronunciano la parola Politica, poiché quella che sanno fare loro è politicanza. Semplicemente per il fatto che un gruppo di persone, nel momento in cui decide per il destino di 60 milioni di cittadini “fa” Politica, nel senso che prende decisioni in nome e per la Polis, per la comunità tutta, tra l’altro col consenso e l’approvazione di un’assemblea che rappresenta, almeno formalmente, il popolo italiano, cioè, il Parlamento. Ora, il signor Mario Monti, professore, funzionario europeo, prestato alla Politica, pare temporaneamente, sembra provenire da un’ altra epoca e da un altro Paese, come se una macchina del tempo o un teletrasporto lo avesse scaraventato a Palazzo Chigi assieme al suo drappello di collaboratori e ministri. È di destra o di sinistra? Non si è ancora capito e questo è un bene e un male: è un bene, nel momento in cui riesce a prendere decisioni dolorose, che, forse, rimetteranno in piedi l’Italia, senza dover accontentare un corpo elettorale che lo ha votato o appoggiato; è un male, perché non si comprende che tipo di Italia abbia in mente, quale modello di società voglia costruire. In ogni caso, se sulle macerie sociali lasciate da Berlusconi, riuscirà a ri-costruire la fiducia nella Politica da parte degli italiani, farà già un enorme miracolo, quello sì un nuovo miracolo italiano, perché impedirà, almeno per una decina d’anni, che si ripeta un ventennio come quello che abbiamo appena trascorso. Pensavamo che i nani e le ballerine fossero tramontati col craxismo e invece ce li siamo trovati al governo. Vediamo di non farlo più, anche perché i prossimi, passati i clown,  saranno i  mostri, i freaks e quelli saranno incazzati come belve.

Il paradosso di Protagora


Evatlo era un giovane che desiderava essere istruito nell’eloquenza e nell’arte di discutere le cause. Si recò da Protagora per essere istruito, impegnandosi a corrispondere, quale compenso, l’ingente somma che Protagora aveva richiesto il giorno in cui avesse discussa e vinta la prima causa davanti ai giudici. Tuttavia Evatlo, terminati gli studi, non fece l’avvocato, non vinse alcuna causa e non pagò mai Protagora, il quale lo denunciò.
Davanti ai giudici, Protagora così si espresse: “Sappi, giovane assai insensato, che in qualsiasi modo il tribunale si pronunci su ciò che chiedo, sia contro di me sia contro di te, tu dovrai pagarmi.
Infatti, se il giudice ti darà torto, tu mi dovrai la somma in base alla sentenza, perciò io sarò vittorioso; ma anche se ti verrà data ragione mi dovrai ugualmente pagare, perché avrai vinto una causa”.
Evatlo gli rispose: “Se, invece di discutere io stesso, mi avvalessi di un avvocato, mi sarebbe facile di trarmi dall’inganno pericoloso. Ma io proverò maggior piacere avendo ragione di te non soltanto nella causa, ma anche nell’argomento da te addotto. Apprendi a tua volta, dottissimo maestro, che in qualsiasi modo si pronuncino i giudici, sia contro di te sia in tuo favore, io non sarò affatto obbligato a versarti ciò che chiedi.
Infatti, se i giudici si pronunceranno in mio favore nulla ti sarà dovuto perché avrò vinto; se contro di me, nulla ti dovrò in base alla pattuizione, perché non avrò vinto.”
I giudici, allora, considerando che il giudizio in entrambi i casi era incerto e di difficile soluzione, giacché la loro decisione, in qualunque senso fosse stata presa, poteva annullarsi da se stessa, lasciarono indecisa la causa e la rinviarono a data assai lontana.

Il paradosso di Berlusconi


Un giorno gli italiani fanno un patto con Berlusconi: gli conferiscono un mandato politico affinché renda migliore l’Italia. Berlusconi assume il mandato politico, ma si dedica ad altro: si occupa dei suoi affari, organizza festini, nomina parlamentari e amministratori amici e amiche, amichetti e amichette, devasta il buon nome dell’Italia nel mondo, si diverte e diventa sempre più ricco. Allora gli italiani, stanchi di tanto malcostume, lo denunciano per avere disdetto il patto. Lui cosa fa? Prima di tutto dichiara di non essere un politico e quindi di non avere gli obblighi vecchi e stantii della politica, tuttavia, se proprio gli italiani desiderano considerarlo in quella veste, in base al potere politico che gli è stato conferito, cambia le leggi in modo da non essere condannabile. In ogni caso vincerebbe. Nomina parlamentari i suoi avvocati, in modo che lo aiutino a legiferare in suo favore e in tribunale organizza comizi autodifendendosi e definendosi cittadino “più uguale degli altri”, come i maiali della Fattoria degli Animali di Orwell. Persino i giudici rinunciano a condannarlo data l’impossibilità di fare veramente giustizia. Anche quando si avvale del suo ruolo politico – vedi caso Ruby – lo fa a suo vantaggio, adducendo ragioni di Stato e diplomatiche. Inoltre, nel momento in cui gli italiani potrebbero spogliarlo del mandato politico conferitogli, Berlusconi mette in moto la sua macchina propagandistica e convince gli elettori, molti, non tutti, che in fondo lui è l’unico che potrebbe sistemare il Paese e se non l’ha fatto finora è colpa delle cattive compagnie (Fini, Casini) e degli avversari (Comunisti!) che gliel’hanno impedito. Ecco perché un’ ampia parte di italiani ancora lo ammira per l’acume e la scaltrezza con cui sfugge alle leggi e alla giustizia. Vorrebbero essere come lui e lo votano, sperando che un po’ della sua furbizia li contagi. Peccato che la furbizia non sia come la scarlattina, altrimenti saremmo davvero un Paese migliore.