Non riesco a capacitarmene: se scrivo qualcosa a schermo, una pagina di racconto, un articolo, un passo un po’ più lungo del solito post, per avere una visione obiettiva di forma e contenuto, ho bisogno di stamparlo e leggerlo su carta. Solo a quel punto comincio a trovare imperfezioni, dettagli da correggere e periodi da tagliare. Perché devo sprecare cellulosa, toner, corrente elettrica, riscaldare il pianeta, per leggermi?
Il primo romanzo
Il secondo romanzo
Racconti
Ho scritto
Amici, colleghi e imbrattarete
Tempus fugit, scripta manent
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Capita anche a me molto spesso, perché quando scrivo ho bisogno di rileggere continuamente, specialmente quando allungo il brodo in maniera esagerata. Non stampo i miei scritti, ma ho l’abitudine di scrivere prima sul block notes virtuale e poi, dopo attenta rilettura (l’errore ci scappa sempre!) copio e incollo. Magari puoi provare a vedere se funziona anche per te in questo modo, ma non è detto. Se non altro ci si sente meno in colpa per non aver sprecato e consumato, no? 🙂
Mah, trovo che sia proprio il mezzo elettronico che crea una specie di barriera. L’ho messo in relazione al fatto che, se vogliamo ricordarci bene qualcosa bisogna scriverlo, come se si instaurasse un collegamento tra carta, matita, mano, braccio e memoria.
Verissimo! Ciò che si scrive su un foglio di carta con la bellissima vecchia penna resta impresso più di quello che viene digitato. Però, come fai quando devi semplicemente commentare un post su un blog che non è il tuo? Mettersi a scrivere a penna, poi passare al computer… Ci vuole il triplo del tempo. Diverso è se devi scrivere sul tuo blog; magari scrivere a penna diventa un esercizio rilassante.
Non per me, scrivo malissimo e solo io, e non sempre, capisco quello che scrivo 🙂
Ormai ho imparato a “rinunciare” alla carta. Nel senso che leggo il mio testo solo sullo schermo del pc e poi direttamente quando è stampato (giornali o libri).
Ho da poco venduto l’ultima macchina per scrivere elettrica senza nostalgia. Ho ancora quella meccanica di mio padre, che terrò.
Per quanto riguarda la lettura su carta, stampo solo quando mi dedico alla narrativa, mentre articoli e post vanno direttamente nel Mac.
Allora sei come mia sorella, Giulio. Lei ha una grafia pessima e spesso mi chiede di interpretare quello che lei stessa ha scritto! Ogni volta è uno sbellicarsi dalle ristate! 🙂
Zampa di gallina, mi chiamavano a scuola 😀
Esatto, zampa di gallina. Era il soprannome anche di mia sorella. Glielo appioppò la prof di matematica alle medie e siccome non riusciva ad interpretare la sua grafia, la puniva con voti bassi ai compiti in classe, anche se erano perfetti. Quando diciamo “cazzimma”… 😀
Io per moltissimo tempo ci ho avuto questo tuo problema, credo che sia collegato ha abitudini pregresse all’avvento del computer, che ne so la scuola i libri etc. Epperò se aumenti la frequenza, la rottura di balle dello stampamento ti passa, e impari ecco a concentrarti da subito. In effetti si risparmia tempo.
Penso che vedere un testo in un altro “contesto” fa risaltare errori che il “cervello” aveva “cancellato” perché “già sa cosa dovrebbe esserci scritto” … non so se si capisce cosa intendo dire. Per questo amo dare i miei testi da rileggere a qualcun altro, quando posso. Inoltre c’è un problema insito nella “grafica” del computer. Ho cercato di trovare un testo che lo spiegasse …
Reading any type of printed material will eventually cause our eyes to feel tired, but compared to staring at a computer monitor, reading isn’t as hard on our eyes. Our retina (containing rods and cones) responds only to colour, motion, and borders. These are the building blocks for even the most complex visual tasks. A printed page is comprised of dark letters placed upon a white background. The contrast is high, and the “borders” of the letters (black on white) are very well defined. With a VDT, the adjacent pixels give the illusion of a line or border, but our eyes can still tell the difference. The borders of letters are not well defined on a monitor. Our brain interprets a poor border as an out of focus image. This “blur” then triggers an adjustment to our focusing muscles. Therefore, with a Visual Display Terminal (especially one with large dot pitch or low refresh rate) our eyes are constantly working to fine-tune the clarity of the image. Since the image never becomes perfectly clear, the focusing muscles are in a constant state of flux. They’re over worked, and therefore become tired quite quickly, hence the term Computer Vision Syndrome.
VDT sta per Video Display Terminal.
Io, per imparare veramente bene qualcosa, devo scrivermelo: ho scritto pagine di riassunti durante gli esami che ho dato e, se faccio la spesa, anche se me la dimentico, aver fatto una lista mi permette di essere più efficiente, ricordandomi quasi tutto quello che ho scritto precedentemente. Da me funziona così: mente, braccio, foglio, mente.
Appunto, io sono talmente pigro che se già i miei coni e bastoncelli fanno fatica a mettere a fuoco pixel bianchi e neri, figuriamoci i neuroni che devono sintetizzare i concetti espressi dai pixel…sono già stanco al solo pensarci 😀
Comunque è vero, esiste un cervello anche nella mano che conserva i ricordi. Lo so perché anch’io spesso scrivo la lista della spesa e la lascio a casa, ma ricordo circa l’80% di quello che ho annotato.