Premesso che le parole come ministra, assessora, avvocata, ingegnera, mi fanno letteralmente schifo e provo ribrezzo anche al solo pensarle, pubblico il link di questo appello sul quale non sono d’accordo, ma sono tanto carino e simpatico e perciò eccolo qua sotto.
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Si sei davvero carino e simpatico:)
Grazie 🙂
Grazie!
😀
non basta l’ apostrofo, aspirato quando si parla ?
😀
😀
😀
😀
😀
L’apostrofo aspirato????
Sono stato ripreso tante volte perchè, per farmi bello, in un discorso in italiano, declinavo il termine “curriculum” al plurale in “curricula”: e ho imparato che se dico: “i percorsi professionali dei tali signori”, si deve dire “i curriculum dei tali signori”. E perchè mai dovrei dire che “quella persona (indistintamente maschio o femmina) è una ingegnera (perchè, all’apparenza, sembra una donna)”?
Persona è neutro e ingegnere pure.
Per cui: “Quella persona è un ingegnere” a prescindere dal sesso.
Il resto sono “sindromi monomaniacali da femminismo permanente”.
E architetta fa ridere, anche se molto femminile 😉
Architetta ??? Ehmmmm: Pamela Anderson 🙂 😉
Qualche osservazione alla spicciolata (alcune in contraddizione l’una con l’altra):
Gcanc è un signore a dare spazio a idee che non condivide,
io ho firmato l’appello,
alcune parole (ad esempio “ministra”) sono proprio brutte,
la discriminazione contro le donne esiste per davvero,
le parole sono importanti,
i problemi più gravi delle donne italiane sono altri.
Ma dai, Luciano: che ci siano discriminazioni in alcuni ruoli delle donne posso anche condividerlo; certo, una donna in miniera ce la vedo poco: a dire il vero ci vedo poco anche un uomo. Se alcune donne credono di risolvere i loro problemi nella civiltà occidentale negando la “forma neutra” di alcune parole, i fatti sono diversi:
– O non hanno mai visto come stanno le donne dalle altre parti
– O sono in malafede
– O non conoscono la linguistica
– O non hanno altro da dire
Per quanto riguarda le innumerevoli discriminazioni e violenze contro le donne, non occorre che mi metta io a stilare elenchi.
… come sarebbe bello se solo “a parole” si potessero risolvere i problemi delle donne nella civiltà occidentale …
Dai teppista!
Per tua fortuna teppista e -gcanc- giornalista sono proprio neutri!
Ma non credo proprio che le donne (e gli uomini) firmatari della proposta pensino di “risolvere i problemi (magari tutti? ma dai!)” delle donne.
Si tratta di fare un passo più in là, pensarci un momento, come teppista che invece di “uomini” parla di “persone”
Teppista: leggo e so che sei prontissimo, informatissimo e hai viaggiato in lungo e in largo il mondo e dunque ti sarai anche letto l’Arte di ottenere ragione di Schopenhauer, perché l’ampliamento del soggetto, cioè estendere l’affermazione dell’altro/dell’altra oltre le sue intenzioni me la ricorda tanto!
E’ che non sono di cultura italiana al 100% e sarà per questo che mi meraviglio su così tante discussioni sul fatto se delle parole siano “belle” o “brutte”!
Sarò “femminista monomaniacale”, ok, m’hanno già chiamata di peggio 😉
Però comunque: per me avevi ragione nel dire “curricula” … sarà solo che gli altri erano sorpresi e non volevano ammettere la loro ignoranza!
Le parole possiedono un’estetica sonora e alcune hanno un suono obiettivamente brutto. In certi casi è volutamente sgradevole, in altri no. Assessora è brutto, sindaca è brutto, avvocata è pessimo, ingegnera nauseante, mentre di architetta…si già detto 😉
Su curricula ho qualche dubbio, ma anch’io uso il plurale, mentre per i termini inglesi mi sono dato la regola di scriverli e leggerli sempre al singolare in contesti italiani. Anche perché mi sembra inutile aggiungere “s” a parole che sono comunque comprensibili anche senza.
E Schopenauer la sapeva lunga, anche sulle donne, infatti ne faceva incetta 😀
Cara Yubi,
Incominciamo dal fondo: come dice Giorgio de Rienzo sul Corriere: “L’Accademia della Crusca ha sancito che una parola straniera usata nel linguaggio italiano diventa parola italiana” per cui “curriculum” usato in una frase italiana dovrebbe diventare al plurale “curriculumi” o, peggio, come oggi in uso, “curriculi”. La stessa Accademia, secondo de Rienzo, ha sancito che “non esistendo nelle lingue Romanze forme neutre e declinazioni, è buona norma lasciare il maschile per i neutri e il singolare per le parole straniere”. Per questa ragione la parola “curriculum” al plurale in italiano (non in latino) resta “curriculum” e per la medesima ragione “Teppista, Giornalista, Ingegnere, Architetto e Camionista” restano sempre tali e quali. L’esempio più lampante sono gli “inglesismi” tanto odiati dai francesi: il “franglais” tanto per intenderci. Mica si dice in italiano al plurale “autobussi” per gli autobus o “managere” per le dirigentesse. Ci sono poi casi particolari ma particolari sono e particolari restano (dirigentesse: abominevole, direttrici: diffuso)
Conosco poco Schopenhauer: mi fermo di solito a Kant per quel periodo a cavallo del 1800. Scivolare sugli argomenti per avere ragione? E chi non lo fa! Anche il più teutonico dei teutonici cercherà il pelo nell’uovo per giustificare le proprie affermazioni; in caso contrario saremmo degli automi abbastanza ebeti.
Giovanni, quella casa è bianca!
No, Mario, quella casa è nera!
Va bene Giovanni, quella casa è nera!
Va bene Mario, quella casa è bianca!
Ciao, Giovanni.
Ciao, Mario.
Un pò monotono. No?
Dal mio punto di vista “femminista monomaniacale” non ha nulla di dispregiativo: è una sindrome 😉
Resto comunque della mia idea: fare un piccolo passo avanti nell’affermare i diritti delle donne e cadere nel ridicolo (che si propaga per estensione anche a tutto il resto) mi sembra alquanto stupido.
In effetti in inglese, dove esistono termini come “aquarium”, “curriculum” … il plurale non è con la “s” … ma con la “a”
così l’italiano neanche si dà la briga di assecondare il latino … e … de gustibus … sarò meno “schizzinosa”, visto che sono cresciuta con lingue che a molti non fanno solo schifo (mi è stato detto testualmente così da una conoscente), ma che provocano “maldigola” a molti già solo a sentirle …
La forma è importante perchè crea valore nell’immaginario collettivo. però mi batterei per qualcosa un po’ più di sostanza, e poi Ministra proprio non mi piace, però mi piacerebbe essere qualcosa che somiglia ad un ministro.
Concordo sul valore della forma, ma dev’essere gradevole, altrimenti si passi direttamente alla sostanza.
E’ vero che curriculum, usato in italiano, diventa invariabile. E sono personalmente pure d’accordo con le posizioni, forse un po’ prive di sfumature, di Teppista.
Non condivido la posizione di chi chiede di usare “assessora” e “ingegnera”, ma aggiungo che non mi piace neppure usare “non vedente” per “cieco”.
Come ho scritto pure da altre parti, la parola “cieco”, correttamente usata, non ha nessuna connotazione denigratoria e non vedo alcun valido motivo per sostituirla con “non vedente”.
Le eventuali intezioni derisorie o denigratorie non sono nelle parole, ma nel cuore degli uomini e si può benissimo dire “non vedente” in modo assai più offensivo di quanto si faccia con il termine “cieco”.
Credo che ci siano cose più importanti a cui pensare.
Ciao,
Giorgio.
Sono d’accordo: cieco è una parola che non ha alcun senso denigratorio, tanto che la principale associazione italiana si chiama Unione Italiana Ciechi, mentre un’altra associazione che fa riferimento ai “privi della vista”, ha un modo abbastanza singolare di raccogliere fondi, mandando in giro ragazzi a vendere cianfrusaglie. L’ipocrisia, anche semantica, nasconde spesso l’imbroglio.
Questo modo di parlare fa parte, come dicevo qualche settimana fa sul mio blog, di una patologia occidentale e in particolare europea.
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“Esiste “un odio di sé dell’Europa”, che ha “qualcosa di patologico” e “vede oramai soltanto ciò che è deprecabile”. Questa patologia si avverte dappertutto e la si percepisce soprattutto in quella gabbia di insincerità e ipocrisia che è il “linguaggio politicamente corretto” in cui l’Europa si è rinchiusa semplicemente per paura di dire cose che non sono affatto scorrette ma banalmente vere e per evitare di far fronte alle responsabilità e alle conseguenze delle cose eventualmente dette”
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Questo vale per tutto ciò che è diverso dagli “standard”: dagli handicappati agli invalidi e infine agli immigrati (se clandestini ancora meglio). L’inizio della fine.
Sì, direi che il politically correct sia stato inventato in Europa prima che negli Stati Uniti attraverso queste formulette. Una delle persone più simpatiche che conosca è il presidente milanese dell’Unione Ciechi che è una miniera di battute su “vedenti” e “non vedenti”. La sua preferita è “è un pezzo che non ci vediamo”, per poi aggiungere: “io veramente non ti ho mai visto”. Oppure, in presenza, un po’ distante, di una bella donna: “hai visto che bella gnocca?”.
Una volta, presentandomi una signora che era diventata cieca da poco per il vino al metanolo, mi disse: “adesso ti faccio vedere la differenza tra un cieco dilettante e un cieco professionista”. Doveva insegnarle ad usare il bastone. Certo, se una battuta sui ciechi la dice un cieco fa tutto un altro effetto, ma ricordo quante volte mi fece notare che i vedenti, in presenza di un cieco, alzano la voce, come se il cieco fosse anche sordo oppure scandiscono bene le parole, come se il cieco fosse anche un po’ stupido. In realtà, cieco o non vedente, il problema non è come lo chiamiamo, ma come ci sentiamo noi in sua presenza. È prima di tutto un nostro problema.
🙂 il “bastian contrario” di una vita, d’ora in avanti cercherà di usare il femminile come “neutro” … crusca o non Crusca LOL!
Che non vengano declinate le parole straniere lo sapevo, anche se ogni tanto in fatto di VIP, come altri amici, mi piace specificare “i vipS” 😉 … suona “meglio” (se vogliamo restare in fatto si suoni migliori e peggiori), ma pensavo che almeno il latino … ammetto il mio errore … sbagliando s’impara, dicono 😉
Per quel che concerne i “non-X” usato per evitare di nominare qualche “handicap”: “I see … said the blind man” è un’espressione già molto vecchia in inglese, anche se forse oggi verrebbe tacciato di “not politically correct”. Da noi opera la STAC: Società Ticinese per l’Assistenza dei Ciechi e, come si può leggere sul loro sito, il termine “ciechi” viene usato senza alcun problema.
Ho collaborato, tempo fa, a un corso d’immersione per persone che non hanno più l’uso delle gambe, e mi ricordo benissimo che ci chiamavano: “I pedoni” … ognuna trova il modo di definire il mondo che la circonda 😉
p.s però le parole contano: la casa della STAC non è una “casa per i ciechi” … ma la “Casa dei ciechi” … piccola differenza, ma dà un’impressione molto diversa, vero?
Pensa il gruppo Blind Boys Of Alabama se si chiamassero “Not seeing boys…” 😀
Avete presente le tre scimmiette “Non vedo, non sento, non parlo” ?
Questo è il “politically correct”: “niente sacciu” 🙂 ;-D